“Scarsa concorrenza, poche gare, servizi scadenti”. L’antitrust definisce il trasporto locale scadente, ciò è dovuto soprattutto per la scarsa concorrenza dell’intero sistema.  L’indagine dell’Antitrust che punta le sue osservazioni sul trasporto pubblico locale definisce questo settore come la “seconda voce di spesa per le Regioni dopo la Sanità”. Si documenta pertanto l’arretratezza di un settore che impegna oltre 7 miliardi di euro di fondi statali e ne genera quasi 11 di ricavi, con la vendita dei biglietti che copre appena il 30% dei costi (anche a causa della piaga dell’evasione tariffaria). L’Antitrust spiega anche che nonostante i rilevanti esborsi di denaro pubblico, non c’è equità sostanziale nell’accesso ai servizi del trasporto pubblico locale, né ci sono politiche efficaci per sviluppare la mobilità sostenibile.

“In Italia – sostiene l’Antitrust – l’offerta complessiva dei servizi di TPL è in media sovradimensionata rispetto alla domanda effettiva, che spesso rimane però insoddisfatta. Questo apparente paradosso, prodotto dall’eccesso di servizi proprio dove ce n’è meno bisogno, rivela gravi carenze nella programmazione da parte delle Regioni e degli altri enti locali”. Sono all’origine del mancato sviluppo della concorrenza nel settore:

1) una normativa che ha ostacolato sia la concorrenza per il mercato sia la concorrenza nel mercato;

2) si è scoraggiato il ricorso alle gare, in particolare c’è l’assenza di meccanismi in grado di condizionare l’erogazione dei fondi pubblici ai risultati ottenuti e i conflitti di interesse, nei casi in cui l’ente locale è anche proprietario del gestore dei servizi.

Serve quindi più concorrenza nel settore. L’Antitrust pertanto suggerisce le seguenti linee di intervento:

1) Serve un “salto di qualità” nella fase di programmazione dei servizi, sia nel riorganizzare il riparto di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali, sia nel merito della programmazione, che dovrebbe essere svolta almeno a livello regionale se non sovraregionale e non più in base all’offerta storica, inadeguata, ma tenendo conto delle reali esigenze degli utenti; in altri termini, a partire da linee guida dello Stato centrale (per correggere le sperequazioni), le amministrazioni devono chiedersi qual è il modo migliore (treno, autobus, servizi non di linea, servizi a chiamata, servizi commerciali, da affiancare eventualmente a sgravi fiscali o rimborsi per le categorie più svantaggiate) per soddisfare la domanda, in modo da gravare il meno possibile sulla spesa pubblica, garantendo però un accesso effettivo all’uso del mezzo pubblico.

2) Occorre favorire il ricorso alle gare con meccanismi volti a responsabilizzare le amministrazioni, premiando quelle più virtuose al momento del riparto dei fondi pubblici e aumentando la trasparenza del loro operato.

3) Le gare devono essere ben fatte e garantire un’ampia partecipazione (ad esempio, è utile creare società indipendenti che acquistino i treni per noleggiarli agli operatori e ricorrere a strumenti appropriati per affrontare i risvolti occupazionali). Si deve intervenire, inoltre, sul nodo dei conflitti di interesse, distaccando le funzioni di stazione appaltante dalla dimensione locale e attribuendole a un unico organo a livello dello Stato centrale.

4) Va sviluppata la concorrenza “nel” mercato, poco diffusa anche perché ritenuta – erroneamente – una modalità che non consente di perseguire obiettivi sociali. L’indagine dimostra, invece, che la quasi totale assenza di concorrenza ha determinato pesanti pressioni sulla spesa pubblica, senza garantire maggiore equità e migliori condizioni di vita alla cittadinanza. Intanto il presidente dell’Autorità dei Trasporti, Andrea Camanzi, annuncia che è in corso la verifica la definizione dei criteri per la determinazione dei nuovi pedaggi dell’intera rete ferroviaria, sia dell’alta velocità sia quella convenzionale, per il 2016-2021. Nel corso della presentazione della Relazione al Parlamento, Camanzi ha sostenuto che “i pedaggi non sono una variabile indipendente dai costi ma sono ad essi correlati. Abbiamo fatto un grosso lavoro sui costi sull’alta velocità e abbiamo ritenuto che potessero essere significativamente ridotti. Rfi li ha ridotti e Oggi il costo è di 8,2 euro a chilometro mentre prima era di 13 euro a chilometro”. L’Autorità “non taglia o aumenta i pedaggi” ma “identifica i criteri per definire i costi”. “Il nostro è un intervento di trasparenza”, dichiara Camanzi. E’ necessario che la delega sui servizi pubblici locali “trovi rapidamente approvazione in sede legislativa”. L’Autorità “ha adottato nel 2015 le prime misure di regolazione in materia di bandi e convenzioni relativi alle gare ed alle procedure di affidamento diretto per l’assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale di passeggeri” e sette regioni “hanno già affidato o stanno affidando i servizi Tpl applicando le misure dell’Autorità: Toscana, Basilicata, Marche, Piemonte, Val d’Aosta, Calabria e Sardegna”. E’ stato poi “deciso di avviare una consultazione sulla metodologia per definire gli ambiti di servizio pubblico nei settori del trasporto locale via terra e via mare. L’attenzione è rivolta, in particolare, a ricondurre obblighi e compensazioni finanziarie per la erogazione di servizi pubblici a quanto sia necessario a conseguire obiettivi sociali non diversamente perseguibili ed a fornire servizi altrimenti non remunerativi”. Occorre, infatti, evitare – secondo Camanzi – che “la attribuzione di diritti speciali ed esclusivi abbia l’effetto di impedire lo sviluppo dell’offerta di servizi alternativi a condizioni economicamente sostenibili”. Notizie correlate:

[AGICOM] TRASPORTO PUBBLICO LOCALE INDAGINE CONOSCITIVA ANTITRUST: “PIÙ CONCORRENZA PER MIGLIORARE I SERVIZI” – 14.06.2016

Tpl, Camanzi: approvare rapidamente delega su servizi locali